Progetto EXBO

Il progetto (che ho creato nel 2008) prevede la messa in rete di giovani che sono nati o hanno studiato a Bologna e che sono poi partiti a lavorare e specializzarsi all’estero.

Dalla messa in rete e dalla collaborazione con il Comune e con le associazioni cittadine, il gruppo si propone di trasmettere idee positive che dall’estero possono essere utili per Bologna e viceversa.

Il metodo partecipativo del gruppo (open space technology - lavoro di base con associazioni in loco - trasformazione di ogni membro del gruppo in nodo di informazione) può facilmente essere replicabile, e siamo già in contatto con un gruppo di ex-Veneziani.

A livello pratico stiamo lavorando con il Comune attraverso dinamiche partecipative messe in atto sui temi dell’agenda digitale e la pedonalizzazione. Collaboreremo con il comune su un programma di ambasciatori della nostra città nel mondo.

Ad un meta-livello il processo di rivisitazione dell’idea di cittadinanza porta a:

  • immaginare e mettere in pratica un concetto di Cittadinanza Mobile (si adotta una città e si partecipa alla vita civile, anche se non ci si vive più)
  • prendere coscienza dei punti di forza e di debolezza della partecipazione attiva per la nostra generazione mobile
  • possibilità di soluzioni concrete per l'area europea (mobilità dei diritti).
www.exbo.org

Twitter: @rete_exbo

Location: da Bologna in giro per il mondo.

Ovviamente vincente

(questa la scrivo in italiano, non avrebbe senso altrimenti)

Ciao Maria Chiara! Ho visto il sito: bellissima idea, ovviamente vincente. Perché avete ragione, non ha più senso parlare di fuga di cervelli; parliamo, più appropriatamente, di circolazione di cervelli. Una città, per avere futuro, deve incoraggiare i suoi cittadini a partire, ed essere pronta ad accoglierli se decidono di tornare; inoltre, deve essere generosa nell’adottare i migranti. Hai letto The New Argonauts di Annalee Saxenian? È un libro molto utile, in cui si capisce bene come l’industrializzazione ITC di alcuni paesi emergenti (Taiwan, Israele, India e Cina continentale) sia stata fatta da ingegneri del posto, che erano emigrati nella Silicon Valley e c’erano rimasti magari per venti anni.

Anch’io sono nato a Bologna. I miei genitori mi hanno portato via che ero molto piccolo, ma poi ci sono tornato da adulto, e ci ho abitato durante gli anni chiave dell’avventura dei Modena City Ramblers, dal 1993 al 1998. Nel 2001, meno di un anno dopo avere lasciato il gruppo, ho lasciato anche l’Emilia, per andare prima a Milano e  poi, l’anno scorso, qui in Francia.

L’Emilia è il solo luogo al mondo dove mi sento veramente a casa: ci sono nato e cresciuto, ci sono nati e cresciuti entrambi i miei genitori, tutti e quattro i miei nonni, gli otto bisnonni e così via, fino a non si sa quale generazione. Però - diciamoci la verità - non è un posto molto adatto a un’impostazione aperta e moderna come quella di Exbo. Io me ne sono andato con un po’ di amaro, perché Bologna mi era diventata insopportabile: pigra, perbenista, razzista, provinciale, con una visibile preminenza della rendita immobiliare (quella che Silvia Ballestra, raccontando la sua esperienza di studentessa fuori sede in città, definiva “naziprop”) sul lavoro produttivo. E in più, insopportabile nel suo continuare a ritenersi “isola felice”, tutto va bene madama la marchesa.

Come vedi non sono molto obiettivo, sono luoghi e persone che sento troppo vicini per l’obiettività! Forse voi avete trovato una buona dimensione, un po’ fuori e un po’ dentro, in grado di esercitare un po’ di pressione ma senza che sia questione di vita o di morte.

Come sta andando? Ho visto dal sito che siete soddisfatti dell’assemblea, e c’è un accenno a “tre cantieri di lavoro aperti” con qualche assessore. Avete la sensazione di combinare qualcosa o il vostro entusiasmo si scontra con la nostra autoreferenzialità tutta emiliana?

strumenti per il cambiamento

Caro Alberto,

i primi tempi sono stati quasi come la partecipazione ad un gruppo di “autoaiuto”, la sorpresa di ritrovarsi tra persone con bisogni simili e di avre finalmente un canale di comunicazione era davvero tanta.

Dopodiché si è “coagulata” l’idea di trasformarci in nodi di informazione, e per ora siamo in questo stadio. Raccogliamo le esperienze dei diversi paesi su alcuni temi (abbiamo fatto un recente intervento sulla condizione femminile, lavoriamo con il Comune sull’agenda digitale) e le inoltriamo alle persone che possono essere dei veri interlocutori, con un occhio sempre alla possibilità che queste informazioni possano trasformarsi in azione sociale.

Dopodiché, l’autoreferenzialità è sempre dietro l’angolo, soprattutto quando si ha si’ il vantaggio di essere autonomi e poveri (vedi altro messaggio nei commenti), ma con il rischio di non poter far seguire alle intuizioni dei progetti concreti.

Dopo questi primi anni di sperimentazione, mi dico spesso che sarebbe bellissimo avere dei “moduli di formazione” per volontari del mondo virtuale che si “inzuccano” con il mondo reale. C’è tanta dispersione tra le piccole azioni fatte e il grande potenziale che si esprime, e penso che servirebbero proprio degli strumenti adeguati per imparare limitare questa dispersione… esistono?

Grazie a tutti per l’accoglienza del progetto!

Maria Chiara

una versione isolana puramente espressiva e speculativa

Mi viene da suggerire un blog di amici sardi che ha creato uno spazio con finalità più romanziere e di condivisione che politiche come exbo, a me diverte sempre molto leggerlo, si chiama  su barralliccu, e ci scrive un gruppo di amici emigrati che vi chiaccherano un pò come se andassero a prendere una birra insieme per gli ultimi aggiornamenti quando tornano per natale… si parla di tutto un pò, da Rossella Urru alle nuove cure per la Sclerosi Multipla (che ha un’altissima incidenza nell’isola), da un nuovo libro/festival alla nostra emigrazione e via dicendo. Quando sto fuori e lo leggo, mi sembra di stare a casa, guarda un pò.

beh insomma, mica tanto speculativo, a dirla tutta

http://subarralliccu.wordpress.com/ma-che-diavolo-e-su-barralliccu/

Cultural roots can be tricky

Hey Maria Chiara,

Congratulations for your initiative! I was reading on your About (Chi siamo) page: Noi non siamo partiti per fuggire, ma per curiosità. Per seguire le nostre passioni. It is an interesting statement and I understand it even more based on what Alberto is saying about Bologna having become insuportable for him..

These types of assumptions are very common where I come from. In the last decade Romania has been facing massive amounts of “brain drain”, with its most educated and promising youth going abroad to look for better opportunities; they rarely come back. Disappointment is very spread, and people are not reluctant to admit this and throw it in the face of our governants…

On the other hand it’s comforting to see that initiatives like yours are possible, and I was glad to see that wherever I traveled - whether it was US, Italy, or France, I could get in touch with Romanian communities abroad that were trying to  blend in nicely in their new cultural setting, but at the same time displaying their roots, organize thematic events and feeling proud of who they are. Keep up the good work!

And see that Edgeryders next campaign is on Learning, so stay tuned! Looking forward to find out more about your experiences studying outside your country.

A Bologna si sta bene. Troppo.

No, dai, Alberto. Hai ragione. E’ così, lo andiamo dicendo da anni. Bologna continua a vivere di rendita, la sua allure, va detto, continua a essere forte soprattutto verso le zone di Italia che, a torto o a ragione, si percepiscono arretrate e guardano al mito Bologna come un eden mix di creatività-libertarismo/libertinismo-mangiarbene-affitti in nero. Un mix esplosivo che però oggi, effettivamente, mostra la corda, non tiene più. Ai tempi in cui mi laureai io, era il 2000, era raro sentire di gente che partiva. Ce n’era, ma era raro. Oggi, tra i neolaureati, faccio fatica a sentire di gente che resta. Sembra incredibile ma è così.

E pensare che a Bologna ci sono alcune cose interessanti. In fondo, è una delle capitali - per dirne una - della cooperazione, che (qua soprattutto per quanto riguarda il consumo e la costruzione) è un modello sempre più essenziale nelle ricette per vivere nel mondo downsized. C’è un’Università importante, in teoria. Ci sono Istituzioni prestigiosissime: faccio notare che TUTTA ma proprio tutta l’intellighenzia di un’area molto vasta che di fatto ha fatto la Storia negli ultimi (sparo) 40 anni è qua. Il Mulino, Nomisma, l’Istituto Gramsci, fino a think tank oggi ascoltatissimi come Prometeia.

C’è tutta questa matassa, ma manca il bandolo.

Va bene exbo, benissimo. Effettivamente sono convinto anch’io che non sia necessario ‘stare’ per esprimere e contribuire alla vita di un luogo. Mi sembra che forse rischi solo di sprecarsi un po’ la declinazione molto politica dell’iniziativa. So per esperienza (faccio l’Assessore in un piccolo Comune…) quanto la Politica abbia fame e sete di ‘figate’: posso solo dire “occhi aperti”. Io, per quanto mi riguarda, dopo anni di frequentazione un po’ laterale del mondo del sociale e delle politiche pubbliche locali, avendo creato alcuni anni un ‘Festival delle fragilità metropolitane’ (vedi: http://www.naufragi.it) insieme a un gruppo di amici sto creando le condizioni perché anche a Bologna possa aprire uno spazio in cui far confluire queste energie, uno spazio (questa volta però fisico, perché va bene la Rete ma bisogna pur incontrarsi) per l’innovazione sociale.

A brevissimo saremo nelle condizioni di far partire la campagna di comunicazione per il lancio di un processo che, se va bene, potrà condurre un nuovo HUB a Bologna. Intanto parliamone e progettiamolo, questo spazio, poi capiamo se quella rete internazionale saprà o vorrà farci un suo nodo. Chiunque sia interessato a capire cosa-come-dove-quando, mi faccia sapere. Facciamo così: anteprima su Edgeryders, con tutti gli hubbers che ci sono…! :slight_smile:

Ciao

A

Ben venga!

Ben venga l’Hub a Bologna, Ale! Speriamo che venga nel modo giusto. L’ultima volta che ne ho sentito parlare era al TagBoCamp di Michele D’Alena (che non a caso è un veneto, e quindi a Bologna rappresenta una ventata d’aria fresca). Se non ricordo male, in quell’occasione un ex assessore, che interveniva in rappresentanza della LegaCoop, era entusiasta dell’idea “Ma sì, facciamolo! Ci facciamo dare uno spazio dal Comune…”

Mi si è gelato il sangue. Te la immagini la creatività e l’innovazione sponsorizzati dalla LegaCoop e dal Comune? Mi sono subito immaginato una specie di Link in salsa californiana, un’allegra riserva in cui tenere tranquilli le teste calde, che intanto fuori i grandi hanno da fare.

Hai letto la storia della creazione dell’Hub di Milano, fatta dal suo fondatore, qui su Egderyders? Parla chiaro: tutti contenti, ma nessuno investe, se non in cambio di controllo. Alla fine il fondatore suddetto ha chiesto i capitali iniziali in prestito alla sua famiglia. A Bologna come a Milano, i grandi stakeholders hanno avuto molti anni e molti soldi per investire in creatività. Non l’hanno fatto, e credo che sia stata una scelta consapevole. Spero di sbagliarmi, ma le folgorazioni sulla via di Damasco mi convincono poco. Meglio l’autonomia e la povertà. “Stay foolish, stay hungry”, no? :wink:

tutto da capire

bologna è strana, lo sappiamo. Non a caso, ci diciamo, qui un dibattito serio sul tema dell’innovazione sociale non c’è. Dice: per forza, a Bologna, c’è tutto, la civilissima, ecc. Un modello di innovazione sociale c’è. Importarne uno ‘nuovo’, in qualche misura alleggerito dalle ideologie e liberato da troppe ingerenze, non è facile. Tieni conto che THE HUB finora è stato modello oltremodo ‘resiliente’ ai contesti locali: ovunque ha acquisito sembianze diversissime, a partire dalle c.d. ‘ragioni sociali’, dalla coop a ogni altro formato. Quindi anche qua, io ci credo, si può fare e sono sicuro che farlo ‘atterrare’ non come un’astronvave ma come un oggetto che torna a casa dallo spazio a rimettere ordine nel caos. E consente a tutti di guardare lontano, dandosi nuove mete. Nome in codice: HUBBOL.

Fuori i poteri forti dal progetto. Ma dentro chi ha soldi, ché oggi sono gli unici ad avere il DOVERE morale di riversare sul territorio risorse per attivare risorse per attivare risorse (LOOP). La storia del founder di Milano: conosco bene Alberto, vessato da reiterate richieste di chiarimento sul modo e i tempi dello start up. La sua è una storia di indipendenza e autonomia che va calata molto, ancora una volta, sullo specifico suo e dell’iniiziativa che ha creato insieme ai colleghi.

Credo molto nell’idea che un oggetto sociale che si insinua come un dispositivo nelle reti locali possa avere un effetto ‘disruptive’. Forse proprio nell’ottica neoschumpeteriana che proponi Tu.

Vista da lontano

Guarda Ale, te l’ho premesso. Tu a Bologna ci vivi, io me ne sono andato 14 anni fa. Vi vedo da lontano, attraverso la lente deformante della mia esperienza e forse anche del mio (brutto) carattere, che tende alla ribellione e all’iconoclastia. È molto più probabile che abbia ragione tu!

Se ti interessa un punto di vista come il mio, per quello che vale: la mia sensazione è che l’Emilia bene o male funzioni. Ci lamentiamo, ma non siamo davvero motivati a cercare vie nuove. Forse non vale nemmeno la pena di cercare di cambiarne la costituzione materiale. Ma se si vuole fare, serve una narrativa conflittuale: la melassa della civilissima, dotta, grassa, isola felice va spazzata via, noi contro di loro, punto e basta. Se non si punta a soluzioni radicali non si porterà a casa niente, perché l’esistente ha consenso e punta i piedi (diceva Yourcenar che “un grammo di inerzia pesa più di un chilo di saggezza”). Naturalmente questo comporta una fatica immane da parte dei poveri innovatori, ai quali va l’onere della prova che il loro lavoro serve a qualcosa. Il tuo Hubbol potrebbe essere la base segreta, Zion in Matrix, l’isola di Tortuga, il posto da cui progettare incursioni e scorrerie.

Anche se questo accade, mi resta il dubbio che le persone davvero disruptive gireranno al largo. Anche uno come me, tutto sommato moderato-ma-quando-ci-vuole-ci-vuole: perché dovrei perdere il mio tempo a difendere le cose che faccio in discussioni con LegaCoop e l’associazione dei commmercianti di Guazzalochiana memoria? Il mondo è grande: e contiene luoghi dove il mio modo di pensare è vissuto (di più) come un valore. Meglio stare lì, si va più lontano con meno fatica.

Mi piacerebbe presentare la tua idea anche nella mia città …

Ciao Maria Chiara, su consiglio di Alberto Cottica, scrivo qui perchè mi piacerebbe presentare questa idea contestualizzata alla realtà genovese ad un concorso d’idee nella mia città.

Il format è semplicemente geniale e penso che per una città come Genova da dove i giovani fuggono appena ne hanno la possibilità sarebbe una bella implementazione che trasformerebbe quello che è uno dei maggiori drammi della mia città in una potenziale risorsa.

Mi chiedevo se per questo tipo di azioni esiste per esempio una procedura da seguire? Che ne pensi?

Fammi sapere :slight_smile:

Grazie

Enrico

Confermo!

Maria Chiara, confermo. Enrico è stato una delle colonne della comunità di Kublai, e mi ha dato una mano nella scrittura di Wikicrazia. Quando parla di comunità, sa di cosa sta parlando.

Se vi parlate, ci tenete informati?

AGGIORNAMENTO da Genova

Maria Chiara, scusa se non mi sono fatto più vivo ma mi sono fermato a capire se su Genova è effettivamente possibile far partire una iniziativa slegata dalla politica.

 
Purtroppo nella mia città le persone "attive" non sfuggono dal legame politico e quando in passato ho provato ad introdurre qualcosa di neutrale sono stato isolato e guardato come un alieno tanto da dover alla fine gettare la spugna: http://retiglocali.it/blog/2295
 
La lista (politica) che ti ho indicato è l'unica che poteva essere un giusto compromesso, ma dopo che ci siamo sentiti mi sono venuti dubbi anche a me... per fatti genovesi oltre che per il fatto che tu mi fai giustamente notare che la vostra iniziativa deve nascere e crescere in un ambiente incontaminato dai partiti.
 
Ora, visto che l'ultima cosa che voglio è far partire qualcosa per forza e fare un pasticcio perché non adeguatamente supportato credo che la cosa migliore per me sia di rimanere in attesa di tempi più propizi.
 
Su Genova mi è stato anche chiesto di candidarmi, ma io un pò per problemi di varia natura un pò per una convinzione personale ho declianto.
 
Come mi ha chiesto Alberto in questi giorni aggiorno la nostra discussione pubblica! 
 
p.s.: Maria Chiara, se hai amici genovesi che sulle problematiche cittadine la pensano come me un primo passo potrebbe essere quello di farmeli conoscere tramite mail facebook twitter o come preferisci. Che ne dici? :-)
 

Eccomi di nuovo alla carica

Ciao Maria Chiara, ciao Alberto. Sono di nuovo qui a scrivere perchè dall’ultima volta che ci siamo sentiti sono riuscito a far partire un progetto che dovrebbe creare i presupposti per far partire un exbo a Genova.

Il progetto si chiama Open Genova, entro i primi del 2013 diventerà associazione, coinvolge già adesso un po di partners interessati (un magazie online e una catena di caffè con location nei piu bei palazzi di genova): http://www.opengenova.it/chi-dietro/partners-crediti

In piu sto cercando di capire se puo uscire qualcosa di buono da un contatto che ho con una persona molto disponibile del Comune che è responsabile del progetto Peripheria: http://peripheria.eu/

In poche parole eravamo rimasti che a Genova il terreno per seminare è molto arido … lo sto fertilizzando :slight_smile:

Vorrei capire da

Maria Chiara: se c’è ancora disponibilità per supportarmi nella replica del progetto su Genova

Alberto: se nel caso partissimo è ancora valida la proposta di endorsement :slight_smile:

Grazie

Enrico

Certo

Beh, Enrico, direi proprio di sì. Ormai abbiamo una discreta storia, tu ed io. Mi fido.

evviva

Caro Enrico,

ho presentato Exbo un anno fa all’ItaliaCamp a Bruxelles proprio con la speranza che si potesse replicare in altre città, con altre comunità.

Come dice Alberto forse l’unico modo per lanciare nuovi dibattiti e cercare piste creative è questo nostro essere “un po’ dentro e un po’ fuori”. In ogni caso vale la pena provarci.

Nell’evoluzione del nostro progetto sono sempre stata attenta alla possibilità che fosse replicabile, e penso sinceramente che una metodologia come l’Open Space Technology possa riverarsi essenziale per muovere i primi passi e evitare di aprire cantieri “eterodiretti”.

Un altro punto essenziale è non prescindere mai dalle comunità che si adoperano per il cambiamento e l’innovazione all’interno del tessuto sociale cittadino. Un po’ perché noi corriamo sempre il rischio di essere presi come “i fighetti che tanto stanno all’estero”, un po’ perché ci vuole sempre tanta umiltà e dirsi che non è solo l’amore per il territorio che determina una conoscenza approfondita dei suoi bisogni… anche altri punti di vista sono essenziali. E poi, ovviamente, perché sarebbe stupido partire per la tangente immaginando progetti, senza prima una ricognizione seria dell’esistente.

Mi piacerebbe metterti in contatto con Francesca, la ex veneziana che sta agli starting blocks per immaginare un progetto simile. L’unione fa la forza :slight_smile:

Scrivimi a info at exbo.org per maggiori dettagli e non smettiamo di irrorare Edgeryders con il frutto delle nostre conversazioni!

A presto,

Maria Chiara

Bene

Ok Maria Chiara, sentiamoci privatamente per definire meglio qualche dettaglio e poi ci riaggiornamo anche su questo spazio. A presto!

Enrico

Bene

Ok Maria Chiara, sentiamoci privatamente per definire meglio qualche dettaglio e poi ci riaggiornamo anche su questo spazio. A presto!

Enrico

Ti ho scritto mail

L’hai ricevuta?

Yes!

Ora ti rispondo :slight_smile: