Replica Entusiasta.
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Ciao Noemi
Ciao Alberto
Grazie per le celeri quanto puntuali repliche …e per l’incoraggiamento!
Venendo immediatamente al Tuo quesito sulle mie intenzioni, replico ribadendo la mia idea di realizzare un gruppo di persone – che amo definire “Care Brand Unit”, ma che potrebbe in definitiva ereditare il nome di “OpenCare” - deputate all’acquisizione, alla relazione istituzionale e finanziaria ed al coordinamento delle iniziative e dei progetti votati inequivocabilmente al “Caring” e che provengano dalla Piattaforma Digitale “ritornando” nel mondo reale, offline, non solamente laddove il bisogno, la domanda, ha acceso la scintilla ma dove questa risposta potrà essere replicata.
Immagino pertanto un gruppo caratterizzato, oltre che dall’indispensabile multiculturalità, anche da una diversificata estrazione formativa che possa garantire un approccio ed una capacità di problem solving molto più ampia ed articolata. Indubbiamente la Comunità già da tempo riflette ed elabora ciò che potrebbe costituire una azione in tal senso dopo il 2018, dopo il termine “naturale” del Progetto. Tuttavia credo sia necessario portare in tale contesto una capacità ed una competenza maggiormente “umanistica” da armonizzare quanto più possibile con la cultura “tecnica” degli informatici, dei makers e|o degli “smanettoni” in generale. La mia esperienza personale nel mondo reale – attinente l’arcipelago delle disabilità - suggerisce infatti quanto al momento sia deficitaria la componente “visionaria”, probabilmente dovuto ad una trascurata - quanto meno considerata poco rilevante – interdisciplinarietà, supponendo anche Tu abbia percepito questo “gap” proprio in occasione del Workshop e sulla quale sarebbe necessario dedicare una riflessione.
Ritengo infatti che OpenCare debba|possa arricchirsi di queste competenze e capacità elaborative.
Relativamente all’iniziativa Open&Change ed agli sviluppi operativi che tale contributo potrebbe comportare, ribadendo la mia poca conoscenza sia dei meccanismi di finanziamento europeo ed internazionale sia delle strategie di found raising in generale, penso possa sicuramente costituire un tassello importante da considerare però complementare ad una serie di possibilità offerte in tal senso dalle comunità locali e dai sistemi di reperimento delle risorse esistenti a livello nazionale quanto internazionale ed europeo. La comunicazione finalizzata alla diffusione della “Care Culture” intesa nella sua più ampia accezione – dunque operando una precisa azione di “desanitarizzazione” del “prendersi cura” di sé e degli altri - in tale schema d’altra parte giocherebbe un ruolo importante se nel contempo abbinata ad una strategia di “avvicinamento” in favore di un pubblico portatore di interesse ma al momento non in grado di esplicitarlo e svilupparlo liberamente in modo consapevole, partecipato e diretto.
Il quesito diviene allora se questa potrebbe essere una proposta progettuale percorribile nell’ambito di tale iniziative elaborando, per esempio, qualcosa che fondi l’idea di una formazione condivisa e p2p con la creazione di persone|strutture locali deputate alla facilitazione ed alla produzione di iniziative “care oriented” sostenibili e riproducibili. Una sorta di “living labs” fisicamente distribuiti, informali quanto agili, connessi e facilmente integrabili alle dinamiche di sviluppo ed alla partecipazione della Comunità, all’interno dei quali offrire servizi e prodotti per l’indirizzo e la formazione oltre che predisposti alla promozione di idee e soluzioni autoimprenditoriali laddove occorra strutturare un intervento “di base” oppure ove si possa interagire ed operare sinergicamente con organismi di volontariato e|o della cooperazione internazionale per un intervento di livello superiore.
Una operatività che contempli pertanto non solamente i Paesi “emergenti” ma anche quelli appartenenti – o che abbiano appartenuto – all’alveo del ricco ed opulento Occidente.
Chiudendo e rispondendo al Tuo “appello” a divenire un Edgeryder, scrivo ribadendo la mia intenzione a spendermi per questa idea che, questo è l’auspicio, possa comportare impatti significativi e costitutivi per tutta la Comunità.
Il mio cruccio, la mia preoccupazione, è invece essenzialmente nutrito dalla mia attuale inesperienza nelle attività progettuale in ambito internazionale – tralasciando al momento l’area nazionale – oltre che dalla mia inadeguatezza sotto il profilo della comunicazione nella lingua franca europea e mondiale. Scrupolo al quale posso tuttavia contrapporre una mia “competenza” nel settore ed una discreta abilità nell’esporre idee e spunti – come d’altra parte intuibile da questo e da altri contributi presenti sulla piattaforma – che possono indubbiamente costituire l’ossatura per una proposta o, addirittura, per un progetto vero e proprio.
Pertanto se Tu o comunque altri membri di Edgeryders avessero la pazienza di supportarmi|sopportarmi a me non resterebbe che cimentarmi, quanto meno per questa prima fase, nella stesura di alcune idee.
Grazie e a Presto